Un trentennale di grande rilevanza per il biologico. Il 24 giugno 1991 veniva adottato dal Consiglio delle Comunità europee il “Regolamento relativo al metodo di produzione biologico dei prodotti agricoli e all’indicazione di tale metodo sui prodotti agricoli e sulle derrate alimentari”.
Si tratta della prima normativa che disciplina i prodotti agricoli biologici, a esclusione del settore zootecnico, del vino e dell’olio, che sono stati inseriti successivamente. Un riconoscimento giuridico importante per un settore che, in questi decenni, ha fatto registrare parametri di sviluppo estremamente significativi. Fondamentale sia per i produttori che per i consumatori perché indicava già allora la procedura e le regole per l’etichettatura e il controllo dei prodotti biologici.
Al Regolamento n. 2092/91 sono seguiti negli anni il Reg. CE n. 834/2007 e il Reg. CE n. 889/2008, che hanno definito a livello comunitario principi, obiettivi e norme generali della produzione biologica nonché le nuove modalità di etichettatura, per arrivare al 2018 quando in data 30 maggio è stato approvato il regolamento n. 848 (Ue) che entrerà in vigore a gennaio 2022.
“Sono passati 30 anni dal primo regolamento che normava il biologico- spiega Maria Grazia Mammuccini, Presidente di FederBio – Da allora il settore è cresciuto in maniera esponenziale e ha ancora ampi margini di sviluppo. Con una superficie agricola utilizzata del 16%, il doppio rispetto alla media europea, il biologico rappresenta oggi l’elemento di punta del sistema agroalimentare italiano.
Dal 1991 sono stati fatti notevoli passi avanti in Europa che, con il Green Deal, le strategie Farm to Fork e Biodiversità e il nuovo Piano d’azione per il bio, sta puntando fortemente sulla transizione agroecologica. Ecco perché, nel nostro Paese, diventa strategica l’approvazione definitiva della legge sull’agricoltura biologica, che inizia domani l’iter finale alla Commissione Agricoltura della Camera. La legge introduce elementi particolarmente significativi per consolidare il primato del biologico italiano come il marchio biologico Made in Italy e la possibilità di istituire distretti biologici che consentano di sviluppare l’agricoltura e l’economia dei territori rurali”.